
INTERVISTA FERRARIS-CASCINA ALBERONA
Luigi Ferraris, titolare e proprietario dell’azienda agricola Cascina Alberona, ci racconta cosa c’è dietro alla sua azienda, la passione per il suo lavoro e il coinvolgimento della sua famiglia.
Proseguite con la lettura dell’intervista e scoprirete tutto su Cascina Alberona.
- Come nasce la sua azienda?
La mia azienda ha una storia un po’ diversa rispetto alle altre aziende presenti in Lomellina. Generalmente le aziende vengono passate di padre in figlio, ma per me non è stato esattamente così:
Il nonno faceva l’agricoltore, ma purtroppo è venuto a mancare in giovane età.
A mio padre non piaceva tanto l’attività, così decise di fare tutt’altro lavoro, ovvero decise di aprire un’officina meccanica e di spostarsi in un’altra regione, il Veneto. L’azienda del nonno è stata data in affitto in quegli anni, ed era rimasta soltanto la nonna a Mortara.
Io sono nato nel Veneto, ho seguito gli studi di perito agrario, a 21 anni ho deciso di riprendere l’attività agricola del nonno.
All’epoca feci fatica a riprendere i terreni del nonno, abbiamo iniziato con 20 ettari.
Oggi, tra affitto e proprietà siamo arrivati a 120 ettari.
Siamo partiti un po’ dal niente.
Questa è un po’ la storia dell’attività.
Una cosa che dico sempre è che in 35 anni di azienda, i soldi che ho guadagnato li ho sempre investiti nell’azienda, per fare sempre dei miglioramenti.
All’inizio non avevamo nemmeno un trattore, quindi era necessario investire. - Su quali valori è fondata?
I valori, innanzitutto la sostenibilità, ovvero il ciclo dalla produzione al lavoro finito, facciamo tutto noi, dall’inizio alla fine, per garantire un prodotto di qualità al cliente.
Non siamo commercianti, siamo produttori.
Noi curiamo dal seme al confezionamento del riso finito, per garantire una qualità al consumatore finale.
Noi, all’interno della nostra azienda cerchiamo di attuare delle pratiche che non abbiano un impatto ambientale negativo, come ad esempio: la sommersione invernale che arricchisce la struttura del terreno, seminiamo il sovescio in inverno per ararlo in primavera, per arricchire il terreno di sostanza organica, quindi azoto, e così via… Usiamo meno concimi chimici. Cerchiamo di attivare nel nostro piccolo un’agricoltura sostenibile.
Ovviamente abbiamo anche dei valori familiari. Io sono dell’idea che bisogna sempre dare il buon esempio, perché è inutile predicare bene e razzolare male. - Cosa vuol dire per lei far parte di una filiera certificata?
Sono sempre stato il primo a buttarmi su queste certificazioni di qualità, noi piccoli produttori dobbiamo puntare sulla qualità, se no non andiamo da nessuna parte.
Non dobbiamo fare la quella alla grande industria, quindi dobbiamo puntare sulla qualità. Io lo continuo a spiegare ai miei consumatori, da quando faccio parte di Carnaroli da Carnaroli pavese, che dentro alla confezione c’è il Carnaroli VERO, e gli spiego che ci sono tante varietà riconosciute come Carnaroli, ma che poi la differenza si vede e si sente a piatto finito. Con un Carnaroli certificato hai una certa garanzia di tenuta di cottura e di prodotto, gli altri, insomma, si lasciano un po’ a desiderare. A comprova di quello che ho appena detto ho un esempio.
Capita che magari vengono dei clienti al mio piccolo spaccio, che essendo rimasti senza riso sono andati a prenderlo al supermercato e mi dicono “era Carnaroli, però non tiene la cottura come il tuo” e allora glielo spiego.
Un’altra cosa che ho notato negli ultimi anni, è che i clienti vengono alla fonte, ho clienti che vengono da relativamente lontano per vedere la realtà di produzione.
Che rapporto avete con i clienti?
Noi cerchiamo di trasmettere tanta passione, sia quando vengono qui in spaccio, sia durante le fiere.
Ci sono clienti e clienti, ci sono i clienti a cui non interessa e altri clienti che si informano che gli piace conoscere l’azienda e la qualità del riso.